The European House –Ambrosetti, il think tank italiano noto come TEHA Group, ha da poco pubblicato un paper dedicato alla transizione energetica dal titolo “Green transition: trillions needed, billions missing”. L’obiettivo è fare il punto “in un contesto attuale segnato da profondi cambiamenti istituzionali e strategici, su quali siano i bisogni in termini di finanziamento per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione globali ed europei e quali siano le fonti disponibili per le imprese per finanziare la propria transizione”.
La considerazione di partenza è che la transizione verso un’economia a basse emissioni di anidride carbonica rappresenta una sfida senza precedenti per le imprese e le istituzioni. E dal momento che i costi di questa transizione, anche se compiuta in tempi rapidi, sono significativamente inferiori rispetto a quelli di “una risposta incoerente” che non rispetta le raccomandazioni scientifiche, si tratta di una priorità sia economica sia sociale.
Innovazioni tecnologiche e ingenti capitali
Altra considerazione importante contenuta nel paper di TEHA Group, è che “la transizione verso un’economia low‐carbon rappresenta una sfida sistemica che richiede innovazioni tecnologiche e ingenti capitali, ma anche un’opportunità strategica per rafforzare la competitività industriale europea, in particolare di Paesi manifatturieri come l’Italia”.
Senonché, guardando al contesto globale e politico, si stanno moltiplicando le narrative critiche che alimentano i dubbi sull’urgenza e l’efficacia delle politiche per contrastare il cambiamento climatico. “Mentre negli Stati Uniti – si legge – si assiste a misure di contrasto esplicite alla sostenibilità, in Europa, pur mantenendo l’impegno verso il raggiungimento degli obiettivi climatici del Green Deal, emergono pressioni per semplificare le normative di sostenibilità e ridurre gli oneri per le imprese”.
I costi dell’inazione climatica in Europa
E di fronte ai racconti “assolutori” sull’impatto dei cambiamenti climatici, nella visione di TEHA Group occorre innanzitutto tenere ben presente che i costi dell’inazione in Europa sono già molto elevati e in crescita. Ad esempio, nel 2023 gli eventi estremi legati al clima hanno causato perdite economiche stimate nell’ordine di decine di miliardi di euro a livello continentale. E secondo le stime, i costi di adattamento ai cambiamenti climatici potrebbero oscillare tra i 15 e i 64 miliardi di euro all’anno fino al 2030.
Dunque, ogni ritardo nell’azione di contrasto al cambiamento climatico determina un ulteriore aggravio sulla spesa pubblica e privata. Per far fronte alla sfida, nel documento si fa quindi riferimento al Rapporto Draghi sulla Competitività Europea che delinea le tre priorità di investimento:
- innovazione,
- infrastrutture verdi,
- rafforzamento del mercato unico.
Investimenti indicati nel Rapporto Draghi
Nel dettaglio, il Rapporto Draghi stima che per raggiungere questi obiettivi, l’Unione Europea dovrà mobilitare 750-800 miliardi di euro all’anno – circa il 5% del PIL Europeo – entro il 2030, di cui 450 miliardi destinati alla transizione sostenibile. E proprio per colmare questo fabbisogno di investimenti, la Commissione Europea ha annunciato di recente due grandi iniziative:
In particolare, con il Clean Industrial Deal si mira a mobilitare oltre 100 miliardi di euro di finanziamenti a sostegno dell’industria pulita nell’UE, “ridefinendo gli aiuti di Stato per accelerare la decarbonizzazione e lo sviluppo di tecnologie pulite”. Le stime delle istituzioni europee indicano che, nel complesso, l’UE dovrebbe aumentare gli investimenti annui in energia, industria e trasporti di circa 480 miliardi di euro rispetto al decennio precedente.
Ripartizione fra settore pubblico e privato
Si tratta di risorse aggiuntive da reperire “in gran parte da fondi pubblici diretti e garanzie europee, finalizzate a catalizzare investimenti privati nelle filiere strategiche verdi”. Si prevede che circa l’83% di questo fabbisogno di investimento debba essere coperto dal settore privato, mentre il residuo dovrà essere finanziato dal pubblico. In pratica, il gap pubblico stimato è di circa 18 miliardi di euro all’anno, “cifra che gli Stati membri e il bilancio UE dovranno trovare per non compromettere gli obiettivi climatici e di competitività”.
Nel paper di THEA Group si evidenzia che queste necessità economiche impongono nuovi strumenti di ingegneria finanziaria, “come l’ampliamento di InvestEU per sostenere progetti verdi e la creazione di fondi di innovazione specifici”. Permangono però dei limiti strutturali non banali. Ad esempio, dalle analisi emerge la difficoltà nel reperire dati estesi e affidabili, e questo rappresenta il principale punto critico per banche e imprese nella valutazione dei fattori climatici.
Meccanismi premianti per aziende sostenibili
Nel documento si spiega che, per ovviare a queste lacune, “le autorità bancarie stanno lavorando a linee guida e framework normativi per standardizzare indicatori di rischio climatico e facilitare la loro incorporazione nelle politiche di credito, in modo da individuare dei meccanismi premianti per le aziende più sostenibili”.
In sintesi, è la conclusione di TEHA Group, “nei prossimi anni la transizione verde europea richiederà investimenti per trilioni di euro aggiuntivi: un onere vasto che solo in parte trova copertura nei canali esistenti, lasciando decine di miliardi scoperti se non si adottano strategie finanziarie più mirate. Per evitare freni alla competitività e ridurre i costi futuri dell’inerzia climatica, sarà cruciale allineare politiche industriali, finanziarie e regolatorie, mobilitando al meglio sia la spinta pubblica sia quella privata”.
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