i dati di Aur presentati a Federmanager


In Umbria la dirigenza d’impresa appare sempre più invecchiata e sempre meno attrattiva per le nuove generazioni. A sollevare l’allarme è Federmanager Perugia che, in occasione dell’assemblea annuale 2025, ha presentato i risultati del primo rapporto regionale sulla figura dirigenziale, realizzato da Agenzia Umbria Ricerche (Aur) su dati INPS 2023. Un dato su tutti colpisce: su circa 500 dirigenti umbri, solo 8 hanno meno di 35 anni.

Il presidente di Federmanager Perugia, Alessandro Castagnino, ha commentato: “Non si tratta solo di valorizzare i ruoli apicali, ma di creare occasioni di lavoro coerenti con le potenzialità delle nuove generazioni“. Il rapporto dirigenti/dipendenti in Umbria è di 1 a 200, ben lontano da quanto registrato in Emilia-Romagna (1 a 70) e Lombardia (1 a 40). Una differenza che fotografa un sistema bloccato, dove la managerialità viene ancora percepita come un costo, piuttosto che come un investimento strategico.

Federmanager, retribuzioni basse e scarsa innovazione: i dati Aur sui manager umbri

Lo studio, illustrato da Elisabetta Tondini, responsabile area economia di Aur, mette in luce criticità profonde. “In Umbria, i giovani under 35 occupano pochissime posizioni apicali nel settore privato: solo il 2% tra i quadri e l’1,3% tra i dirigenti. Al contrario, c’è un’alta presenza di over 54, che superano il 42% tra i quadri e il 48% tra i dirigenti, evidenziando un forte squilibrio generazionale e una carenza di ricambio“.

Le retribuzioni mostrano un doppio divario: generazionale e territoriale. Un giovane quadro umbro guadagna oltre il 26% in meno rispetto ai colleghi più anziani e ai coetanei di altre regioni. Il gap con il Nord Italia raggiunge picchi del 29%, con differenze che vanno da -6.600 euro nella manifattura a -29.000 euro nelle attività finanziarie. Per i dirigenti over 34 in settori tecnico-scientifici, il divario tocca gli 84.000 euro annui.

A livello settoriale, le posizioni apicali restano ancorate a comparti tradizionali come manifattura, commercio e trasporti, mentre risultano marginali nei settori a maggiore intensità di conoscenza e innovazione: comunicazione, ICT, finanza, servizi professionali. Un ritardo che penalizza le opportunità di carriera per i giovani più formati. Nel confronto con regioni più dinamiche come Veneto, Toscana o Piemonte, l’Umbria risulta carente non solo in termini numerici, ma anche nella qualità del management, troppo spesso autoreferenziale e scollegato dai percorsi formativi più avanzati.

La svolta necessaria: un’alleanza per la managerialità del futuro

Per invertire la rotta, Federmanager Perugia chiede un patto tra istituzioni, imprese e sistema formativo. Castagnino ha lanciato un appello a Confindustria, Regione e Università: “Con Confindustria condividiamo strumenti operativi come la Fondazione Taliercio e 4Manager. Alla Regione chiediamo di destinare parte dei fondi strutturali allo sviluppo della managerialità nelle Pmi. All’Università, maggiore tempestività nell’adattare i piani di studio alla domanda del mercato”.

Migrare dall’Umbria deve tornare a essere un’opportunità, non una costrizione. E il rientro, una possibilità reale“, ha concluso Castagnino. Un messaggio chiaro, rivolto ai decisori pubblici e al sistema produttivo: senza un investimento strutturale sulla leadership del futuro, la competitività del territorio rischia di declinare.

All’incontro hanno preso parte anche Mario Cardoni (Federmanager nazionale), Simone Cascioli (Confindustria Umbria), Letizia Michelini (presidente Commissione regionale), Luciano Neri (Federmanager Terni) e Anna Anchino (Aidp Umbria). Tutti concordi nel riconoscere che il rilancio della classe dirigente passa da un cambio di paradigma culturale e da politiche mirate. La necessità è di costruire un ecosistema che favorisca l’emersione dei talenti attraverso meccanismi di selezione meritocratica, formazione continua e percorsi di mentoring intergenerazionale.

Le prospettive: serve un cambio di passo

La sfida ora è rendere attrattivo il contesto regionale per i giovani laureati, evitando che le figure più qualificate scelgano altre realtà più dinamiche. Per farlo, serve una visione condivisa: politiche attive del lavoro orientate ai profili strategici, incentivi alle imprese che assumono dirigenti under 40 e un forte coinvolgimento del sistema universitario nella programmazione economica.



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