Pressione fiscale, burocrazia e costo del lavoro stanno soffocando la competitività economica del Paese
Un carico fiscale tra i più alti d’Europa
Secondo i dati aggiornati al biennio 2023-2024 diffusi dal Centro studi di Unimpresa, l’Italia conferma la sua posizione scomoda in Europa con una pressione fiscale complessiva pari al 42,7% del PIL. Un dato superiore alla media dell’area euro (41,2%) e dell’intera Unione Europea (40,1%). Peggio dell’Italia fanno solo la Francia (46,2%), il Belgio e pochi altri Paesi.
Nel confronto diretto con i principali partner UE, la Germania si ferma al 40,1%, mentre la Spagna registra il valore più basso: 38,3%. Questi numeri certificano un dato di fatto: l’Italia è meno competitiva sul piano fiscale rispetto a chi dovrebbe rappresentare il suo benchmark.
Imposte sui profitti ancora troppo alte
Sul fronte della tassazione sui profitti d’impresa, l’Italia applica un’aliquota effettiva del 27,8%, che la posiziona tra i Paesi più esosi dell’Unione, dietro solo alla Germania (29,8%) e al Portogallo.
Sebbene le stime per il 2024 indichino una possibile riduzione al 23,9%, si tratterebbe comunque di un valore superiore alla media UE (20,7%) e dell’area euro (21,2%). Intanto, in Francia le riforme hanno portato l’aliquota dal 35% al 25%, mentre in Spagna si segnala un possibile aumento al 29%, invertendo una tendenza storicamente più favorevole.
Burocrazia da record e carico amministrativo paralizzante
L’altro grande ostacolo alla competitività italiana è rappresentato dalla burocrazia fiscale. In Italia occorrono 238 ore l’anno (circa 30 giornate lavorative) per gestire gli adempimenti fiscali, un dato da primato negativo in Europa, condiviso solo con il Portogallo.
In confronto, la Germania richiede 218 ore, la Spagna 143 e la Francia appena 139. Tutti valori inferiori alla media UE, fissata a 147 ore. Un carico che pesa soprattutto sulle piccole e medie imprese, già penalizzate da un cuneo fiscale tra i più alti dell’OCSE.
Italia fuori standard: servono tre mosse concrete
Il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri, sottolinea che «l’Italia è bloccata da un modello fiscale vecchio e inefficiente, mentre Francia, Germania e Spagna avanzano con riforme strutturali». Le proposte di Unimpresa puntano su tre assi:
- Riduzione stabile del cuneo fiscale sul lavoro
- Abbassamento dell’aliquota reale sui profitti in linea con la media UE
- Semplificazione drastica della macchina amministrativa
Solo attraverso queste leve sarà possibile creare un ambiente favorevole agli investimenti e alla crescita economica. Il recupero dell’evasione fiscale, stimato in 20,2 miliardi di euro nel 2022, potrebbe rappresentare una leva per finanziare queste riforme senza ridurre i servizi.
Domande e risposte
1. Cosa si intende per pressione fiscale in Italia?
È il rapporto tra le imposte totali e il PIL: attualmente è al 42,7%, uno dei più alti in Europa.
2. Qual è la media europea di pressione fiscale?
41,2% per l’area euro e 40,1% per l’intera UE.
3. Quanto paga un’impresa italiana in tasse sui profitti?
In media il 27,8%, anche se è previsto un calo al 23,9% nel 2024.
4. Perché il cuneo fiscale è un problema in Italia?
Perché incide fortemente sul costo del lavoro, rendendo meno competitivo il sistema economico.
5. Quante ore servono per gli adempimenti fiscali in Italia?
238 ore all’anno, più di qualsiasi altro Paese UE.
6. Come si posizionano Francia, Germania e Spagna?
Francia ha alleggerito le imposte sui profitti, Germania è più efficiente, Spagna è storicamente meno pesante ma sta aumentando le aliquote.
7. Quali sono le tre azioni suggerite da Unimpresa?
Taglio del cuneo, riduzione aliquote e semplificazione burocratica.
8. Perché la burocrazia incide così tanto?
Perché toglie tempo e risorse alle imprese, soprattutto alle PMI.
9. Come si può finanziare una riforma fiscale?
Attraverso il recupero dell’evasione e una crescita del PIL più solida.
10. Qual è il rischio di non intervenire?
Rimanere indietro rispetto ai partner europei e frenare gli investimenti.
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