Ricerca e sviluppo, cresce la spesa nel pubblico e nel privato ma aumentano i divari tra grandi e piccole imprese


Nel 2023 è aumentata la spesa in ricerca e sviluppo intra-muros sia nel pubblico che nel privato, ma è aumentato anche il divario nella spesa tra grandi aziende e PMI.

A evidenziarlo è il rapporto Istat “Ricerca e sviluppo in Italia, 2023-2025” che sottolinea una crescita della spesa del 7,7% nel 2023 per una cifra di 29,4 miliardi di euro. L’intensità di ricerca e sviluppo, misurata rispetto al Pil, rimane però costante rispetto al 2022.

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L’aumento ha interessato tutti i settori istituzionali, con picchi notevoli nelle istituzioni pubbliche e nelle Università, che hanno registrato rispettivamente un +14,5% e un +9,9%.

Parallelamente, la spesa da parte delle imprese è aumentata del 5,4%, un incremento trainato principalmente dalle medie (+2,8%) e soprattutto dalle grandi imprese (+7,3%).

In controtendenza, si registra un ulteriore calo (-2,3%) negli investimenti in R&S da parte delle piccole imprese. È importante notare che oltre l’80% della spesa privata in R&S è sostenuta da imprese che fanno parte di gruppi multinazionali, sia nazionali che esteri. Di questa quota, circa la metà proviene specificamente da quelle appartenenti a multinazionali estere.

Guardando al futuro, i dati preliminari per il 2024 indicano un aumento contenuto della spesa in R&S delle imprese, pari a un +1,2%, ma le aziende hanno già programmato una crescita più consistente per il 2025, con un aumento stimato del 4,0% rispetto all’anno precedente.

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Ricerca e sviluppo, cresce la spesa nel pubblico e nelle Università

La spesa complessiva in R&S intra-muros, effettuata da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e Università, ammonta nel 2023 a 29,4 miliardi di euro, in aumento del 7,7% rispetto al 2022.

Nonostante il robusto incremento della cifra assoluta – misurato a prezzi correnti e riflettendo quindi anche le dinamiche inflazionistiche – l’intensità di ricerca e sviluppo, l’indicatore che misura il rapporto tra spesa e Prodotto interno lordo (Pil), si è di fatto stabilizzata.

L’incidenza percentuale risulta infatti pari all’1,37%, in linea con il 2022 e in calo rispetto all’1,41% del 2021. Anche la spesa in R&S delle sole imprese sul Pil rimane ferma allo 0,80%.

L’aumento della spesa ha interessato tutti i settori: si registra un netto incremento nelle istituzioni pubbliche (+14,5%) e nelle Università (+9,9%), ma crescono anche le imprese (+5,4%) e il settore del non profit (+2,3%).

La spesa nelle imprese supera i 17 miliardi di euro nel 2023

Nonostante la crescita del contributo pubblico, il settore privato (imprese e non profit) rimane il principale attore nella spesa complessiva in R&S intra-muros, rappresentando il 60,1% del totale nel 2023.

Le sole imprese hanno investito oltre 17 miliardi di euro, coprendo il 58,4% della spesa totale, pur registrando una lieve flessione del loro peso relativo (-1,3 punti percentuali) rispetto all’anno precedente.

Subito dopo, le Università si confermano l’attore più importante, contribuendo con il 25,0% della spesa complessiva, una quota in leggero aumento (+0,5 punti percentuali).

Notevole la crescita del contributo del settore pubblico, responsabile del 14,9% della spesa totale (+0,9 punti percentuali rispetto al 2022).

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Le fonti di finanziamento: crescono i capitali pubblici ed esteri

Se si guarda alle fonti di finanziamento, le imprese finanziano direttamente oltre la metà della spesa in R&S (15,0 miliardi di euro, pari al 51,1% dei fondi complessivi).

Seguono il settore pubblico con 10,8 miliardi (36,9%) e i finanziatori stranieri con circa 2,9 miliardi (9,8%). Il 2023 ha evidenziato una netta accelerazione nel sostegno pubblico e straniero: la spesa finanziata dal settore pubblico è aumentata sensibilmente del +11,7%, mentre la componente finanziata dall’estero ha avuto un incremento ancora maggiore (+12,1%). Più contenuto è stato l’aumento dei finanziamenti diretti delle imprese (+3,6%).

L’autofinanziamento si conferma la regola per la maggior parte degli attori: le istituzioni pubbliche finanziano l’88,7% del proprio settore e le imprese nazionali l’84,0% della propria attività.

Il settore pubblico è anche il principale sostenitore esterno, finanziando l’80,9% della spesa delle Università e quasi la metà (43,7%) di quella delle istituzioni non profit.

Perfetto. Trasformiamo questo lungo blocco di dati sulla spesa delle imprese in un paragrafo giornalistico incisivo, suddividendolo per chiarezza.

Il divario della spesa in R&S tra grandi imprese e piccole realtà

L’incremento della spesa in ricerca e sviluppo (R&S) registrato nel 2023 non è uniforme nel panorama imprenditoriale italiano. Mentre le grandi imprese (con almeno 250 addetti) si confermano il motore principale, aumentando significativamente la loro spesa del +7,3%, le piccole imprese (con meno di 50 addetti) registrano un ulteriore calo del 2,3%.

Le imprese di media dimensione mostrano una crescita più contenuta, pari al +2,8%. Le grandi imprese, con circa 12,5 miliardi di spesa, rappresentano il 73,1% del totale investito dalle aziende, una quota in aumento. Di conseguenza, il peso delle piccole e medie imprese (PMI) si ridimensiona.

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Multinazionali e settori trainanti

Le grandi imprese non solo sono i principali esecutori di R&S, ma anche i maggiori finanziatori. L’autofinanziamento è la modalità prevalente in tutte le fasce dimensionali, ma per le piccole imprese è importante anche la combinazione di fondi pubblici ed esteri. Per le grandi, invece, risulta cruciale il contributo dei soggetti stranieri (12,0%).

I settori che investono di più si confermano la produzione di autoveicoli, macchinari e altri mezzi di trasporto, che insieme coprono oltre il 38,4% della spesa. Questi, insieme a elettronica, informatica e farmaceutica, sono quasi tutti in forte crescita, con incrementi superiori al 10% nella produzione di macchinari e altri mezzi di trasporto.

L’83% della R&S privata è nelle mani delle multinazionali

Riguardo alla governance aziendale, nuove evidenze empiriche prodotte dall’Istat attraverso l’integrazione dei registri economici evidenziano il ruolo predominante dei gruppi multinazionali.

L’83,1% dell’intera spesa in R&S delle imprese (pari a 14,3 miliardi di euro) è attribuibile a queste organizzazioni. In particolare, le multinazionali a controllo estero sono responsabili della quota maggiore (44,6%), superando quelle a controllo italiano (38,5%).

Queste multinazionali hanno mostrato anche la dinamica di crescita più robusta, con un incremento complessivo del +6,4% nella spesa.

Aumenta la spesa dedicata alla ricerca di base

Nel 2023 si conferma la tendenza alla crescita della spesa nelle due componenti della ricerca di base e applicata. Nello specifico, la spesa per la ricerca di base ha raggiunto i 7,6 miliardi di euro, registrando un aumento eccezionale del +13,9% rispetto al 2022.

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La ricerca applicata, che si conferma la principale voce di investimento, con oltre 12 miliardi di euro, registra un incremento del 9,3%.

Lo sviluppo sperimentale di nuovi prodotti e processi, invece, registra complessivamente un modesto aumento (+1,6%). Ciò si riflette in un aumento della quota di spesa in ricerca di base e applicata (dal 65,4% del 2022 al 67,3% del 2023), e nel ridimensionamento delle spese per lo sviluppo sperimentale (dal 34,6% al 32,7%).

La strategia di investimento per settore

Osservando il dettaglio settoriale, le imprese mantengono la loro tendenza a concentrarsi sullo sviluppo sperimentale (circa metà della loro spesa, pari a 8,5 miliardi di euro), nonostante l’aumento in questa voce sia stato molto contenuto (+0,7%).

Al contrario, anche per le imprese si registra una crescita vigorosa della spesa per la ricerca di base (+17,7%) e per quella applicata (+8,6%).

Nelle Università, più della metà della spesa è destinata alla ricerca di base, mentre istituzioni pubbliche e istituzioni private non profit privilegiano la ricerca applicata. In particolare, le istituzioni pubbliche hanno visto balzi notevoli sia nella ricerca di base (+25,1%) che in quella applicata (+11,0%).


Ingegneria e tecnologia assorbono metà della spesa

Per quanto riguarda i campi scientifici, oltre la metà degli investimenti complessivi in R&S è destinata alle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica.

Seguono le Scienze naturali (15,0%) e le Scienze mediche e sanitarie (13,6%). Tuttavia, la ripartizione cambia drasticamente a seconda dell’attore: le imprese concentrano l’82,9% dei loro investimenti nelle Scienze ingegneristiche.

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Le Università e le istituzioni pubbliche, invece, mostrano una spesa più diversificata, con un forte interesse per le Scienze naturali. Da segnalare che le istituzioni non profit investono oltre i due terzi della loro R&S nelle Scienze mediche e sanitarie.

Ricerca e sviluppo: il nord fa il pieno, ma la spesa cresce in alcune regioni del mezzogiorno

La spesa totale in ricerca e sviluppo (R&S), pari a circa 17,6 miliardi di euro, è fortemente concentrata: oltre la metà (59,8%) si divide tra sole quattro regioni: Lombardia (che contribuisce per circa il 20,0%), Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte (tutte sopra il 10%).

A seguire, altre quattro regioni sostengono una spesa superiore al miliardo di euro: Veneto, Toscana, Campania e Sicilia.


Il divario persiste nonostante i record del sud

Nel 2023, la spesa in R&S è aumentata in tutto il territorio nazionale, con punte di crescita massime nel Nord-est (+10,5%) e nelle Isole (+13,7%), grazie soprattutto al +17,1% registrato in Sicilia.

Aumenti significativi si rilevano anche in Molise (+25,9%), Calabria (+18,5%) e Friuli-Venezia Giulia (+18,4%).

Nonostante queste notevoli crescite, il divario con il Nord rimane: la crescita nel Centro-sud è complessivamente inferiore alla media nazionale, e in termini di intensità della R&S sul Pil, l’intero Mezzogiorno si colloca sotto la media nazionale.

Al contrario, Piemonte ed Emilia-Romagna registrano le migliori performance, entrambe con valori superiori al 2,0%.

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Chi esegue la ricerca: la prevalenza delle imprese al nord

Si confermano grandi differenze territoriali nella composizione della spesa per attore esecutore. Il Nord e alcune regioni del Centro (Toscana e Marche) sono caratterizzati dalla netta prevalenza della spesa delle imprese, che superano i tre quarti del totale in Piemonte ed Emilia-Romagna.

Al contrario, il Mezzogiorno e il Lazio vedono la R&S sostenuta prevalentemente dal settore pubblico e dalle Università, con picchi che arrivano all’80% in Sardegna e Calabria.

Anche nelle regioni leader per intensità, come il Lazio e la Provincia Autonoma di Trento, sono le componenti di R&S pubblica e non profit a prevalere.

Ricerca e sviluppo: il personale cresce del 3%, ma i ricercatori calano nelle imprese

Nel 2023, l’Italia ha visto crescere il personale addetto alla ricerca e sviluppo (R&S), raggiungendo quota 519mila unità (circa 348mila unità equivalenti a tempo pieno, Etp), con un aumento complessivo di circa il 3% rispetto all’anno precedente.


Università e pubblico guidano l’assunzione di ricercatori

La crescita del personale è stata trainata dal settore pubblico: si registrano gli aumenti più significativi nelle istituzioni pubbliche (+6,6% in unità) e nelle Università (+5,0% in unità). Nelle imprese, l’aumento è stato nettamente inferiore, fermandosi all’+1,6% (o +0,8% in Etp).

I ricercatori in senso stretto, misurati in Etp (circa 170mila), rappresentano il 48,9% del totale addetti. Nelle Università e nelle istituzioni pubbliche, i ricercatori costituiscono la componente principale e sono in forte aumento (rispettivamente +7,0% e +7,6% in Etp).

Contrariamente, le imprese continuano ad avere la quota più bassa di ricercatori (36,6% degli addetti) e, in controtendenza, registrano un calo annuale del -3,7% della componente.

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La presenza femminile: ricercatrici in aumento nel pubblico

La presenza di donne in attività di R&S è aumentata del +5,1%, raggiungendo le 183mila unità (il 35,3% del totale).

Anche in questo caso, la crescita è spinta dal settore pubblico e dalle Università, dove si registra l’aumento maggiore sia nel personale femminile complessivo che nelle sole ricercatrici. Le donne costituiscono circa la metà degli addetti nel settore pubblico e nelle Università, ma rappresentano ancora meno di un quarto del personale nelle imprese.

In termini di incidenza, la quota di ricercatrici sul personale femminile totale (46,9%) è superiore a quella dei ricercatori maschi (42,7%). Questa anomalia è in parte dovuta alla maggiore presenza di ricercatrici nelle imprese, sebbene in termini assoluti le ricercatrici nelle imprese restino sostanzialmente stabili. Nelle Università e nel pubblico, il tasso di incidenza dei ricercatori maschi sulla forza lavoro maschile è invece nettamente superiore.

Stanziamenti pubblici per la R&S: superati i 13 miliardi, le università assorbono il 40%

Nel 2023 si è confermato l’aumento degli stanziamenti per la ricerca e sviluppo (R&S) da parte delle Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome. Le previsioni di spesa assestate hanno raggiunto i 13,5 miliardi di euro, con un incremento del 4,8% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda l’allocazione di questi fondi, la quota più rilevante, pari al 39,8% del totale, è destinata alle Università attraverso il Fondo di finanziamento ordinario (FFO).

Il resto degli stanziamenti è principalmente indirizzato a settori strategici come:

  • l’esplorazione e utilizzazione dello spazio (13,4%)
  • la protezione e promozione della salute umana (11,9%)
  • le produzioni e le tecnologie industriali (9,8%)

Per il 2024, le previsioni di spesa iniziali indicano una sostanziale stabilità degli stanziamenti, che dovrebbero assestarsi intorno ai 13,4 miliardi di euro.

Spesa in ricerca e sviluppo, le previsioni per il 2024

Per il 2024 i dati preliminari indicano un modesto incremento della spesa in R&S delle imprese (+1,2% rispetto al 2023), mentre per il 2025 le imprese hanno programmato un aumento più consistente (+4,0% rispetto al 2024).

Nel settore delle istituzioni pubbliche i dati preliminari 2024 evidenziano un aumento della spesa in R&S intra-muros (+6,6% rispetto al 2023) che prosegue nel 2025 (con una previsione del +7,2% rispetto all’anno precedente).

Anche per le istituzioni private non profit si prevede un aumento della spesa sia nel 2024 (+4,4%) che nel 2025 (+3,6%).



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